Come è già successo con “Il Piccolo Principe” – per la rubrica Gossip letterario – ci troviamo di nuovo a parlarvi di un piccolo romanzo che ha tutta l’aria d’essere una favola per bambini. Ma cosa centrano le favole – potreste domandarvi voi – in uno spazio che dovrebbe essere dedicato a giovani e adulti? «Le migliori favole portano messaggi universali con leggerezza e Luis Sepúlveda lo sa», così scrisse Alessandro Beretta sul Corriere della Sera all’uscita del libro, e noi siamo pienamente d’accordo!
“Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” con il suo linguaggio semplice e pieno di dolcezza arriva al cuore di tutti riuscendo a trattare temi delicatissimi come l’accettazione del diverso.
«È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile».
L’autore di questo piccolo libro è Luis Sepúlveda, uno scrittore cileno con una vita davvero appassionante, se vi capiterà di leggere per intero la sua biografia vi sembrerà questa stessa un romanzo: già la sua nascita preannuncia tutto il suo peregrinare. Lo scrittore infatti è nato nel 1949 in una camera d’albergo di Ovalle, nel Cile, da genitori in fuga a causa di una denuncia per ragioni politiche. Trascorre così i primi anni della sua vita insieme al nonno paterno – un anarchico andaluso, a sua volta fuggito dalla Spagna perché condannato a morte – che fin da subito lo mette in compagnia di tanti libri e di autori quali Salgari, Conrad e Melville. È da questi incontri che sboccia la sua passione per la scrittura e per l’avventura.
Impegnato a prendere parte alle turbolenti vicende politiche che attraversavano il sud America in quegli anni, con il colpo di stato del 1973 e la dittatura del generale Pinochet, Sepúlveda viene catturato, interrogato e torturato. Per sette mesi resta chiuso in una cella larga cinquanta centimetri e lunga un metro e mezzo: è così bassa da non potersi mai alzare in piedi. Deve intervenire Amnesty International per scarcerarlo, e commutare la condanna a morte in esilio. Sarebbe dovuto andare in Svezia, invece fugge in Amazonia per partecipare alla spedizione dell’UNESCO dedicata allo studio dell’impatto della civiltà sugli indios Shuar. Per sette mesi vive nella foresta, un’esperienza che sarà alla base di uno dei suoi capolavori: “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” (leggetelo, ne vale davvero la pena!).
L’amore per la natura e la lotta contro l’inquinamento è un altro tema molto caro a Sepúlveda, anche qui, in “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, tutti gli eventi iniziano proprio da un danno ecologico compiuto dall’uomo.
«Disgraziatamente gli umani sono imprevedibili. Spesso con le migliori intenzioni causano i danni peggiori».
Il protagonista della storia è il gatto Zorba che sdraiato al sole del suo terrazzo di Amburgo vede precipitare accanto a sé la gabbiana Kengah. La gabbiana è in fin di vita, dopo essere capitata in una chiazza di petrolio in mare, compie uno sforzo sovrumano per liberarsi dalla pozza e deporre quel suo ultimo uovo. Fortunatamente incontra il gatto Zorba, al quale chiede di pronunciare tre solenni promesse: di non mangiare l’uovo che lei sta per deporre, di averne cura e di insegnare a volare al piccolo che nascerà.
Così, questo gattone nero si trova a covare un uovo e poi ad accogliere la neonata gabbianella in una buffa comunità felina del porto di Amburgo. Arriva presto il tempo di mantenere la terza promessa, la più difficile… come può un gatto insegnare a volare ad una giovane gabbianella? Come si può lasciarla libera di andare ora che ha reso così bella la sua vita?
«E perché io devo volare?» strideva Fortunata con le ali ben strette al corpo. «Perché sei una gabbiana e i gabbiani volano» rispondeva Diderot. «Mi sembra terribile, terribile! che tu non lo sappia». «Ma io non voglio volare. Non voglio nemmeno essere un gabbiano» replicava Fortunata. «Voglio essere un gatto e i gatti non volano»
Bellissimo questa fiaba che si legge tutta d’un fiato. Bellissima perché chiude con un messaggio al quale noi del POG non solo siamo profondamente legati, ma è il primo obiettivo che ci poniamo di far comprendere ai ragazzi che incontriamo: il coraggio di diventare se stessi!
Volare? Perché? Volare per chi ha vissuto con i gatti appare impossibile, e Fortunata sconfortandosi e tradendo la sua natura, perde via via la fiducia in se stessa e nelle proprie capacità. Ma Fortunata è, appunto, fortunata perché accanto a lei c’è il sostegno dei suoi amici che sono pronti a tutto per farle raggiungere il suo scopo: spiccare quel volo che le fa tanta paura. Ma gli amici non bastano, al momento della prova questa piccola gabbiana sente nel cuore – malgrado la paura di non farcela, malgrado la paura di lasciare le sicure zampe del gatto Zorba – l’esigenza di realizzare la sua natura.
«Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali» miagolò Zorba. La gabbianella spiegò le ali. I riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L’umano e il gatto la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi. «La pioggia. L’acqua. Mi piace!» stridette. «Ora volerai» miagolò Zorba. «Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono» stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra- «Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo» miagolò Zorba.
«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.